A proposito dell’Infinito (G. Leopardi)
On: 25 maggio 2020   |   By: gmadmin   |   Under: Pubblicazioni   |   Comments: No Comment

Pubblico questa recensione del mio libro fotografico sull'”Infinito” di Giacomo Leopardi, ricevuta da Fulco Pratesi.

G. Mancori

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Mancori Infinito

Sull’ Infinito di Giacomo Leopardi, stupenda poesia scritta a 21 anni nel settembre 1819, si è discettato copiosamente soprattutto nel recente bicentenario della sua pubblicazione. Ma tra le tante esegesi letterarie, reputo insostituibile quella iconografica che il grande fotografo Giancarlo Mancori ha voluto regalarci in questo libro.

Le prime immagini del volume fotografico richiamano il paesaggio che Leopardi ammirava dall’ “ermo colle“ poco distante dalla sua avita magione di Recanati nelle Marche orientali.

La stagione alla quale il Poeta, (disperato dopo la fallita evasione da casa del luglio 1819) si  ispira, è l’autunno appena iniziato. Le brume, le nuvole e le basse nebbie mattutine bucate da un pallido sole, ricordano l’atmosfera malinconica in cui l’idillio fu scritto. Che, non a caso, potrebbe essere collegato idealmente al famoso quadro “Viandante sul mare di nebbia” che il pittore romantico tedesco Caspar David Friedrich aveva dipinto nel 1818, solo un anno prima.

La siepe che “da tanta parte- dell’ultimo orizzonte il guardo esclude” da dove “sedendo e mirando” il poeta s’incantava, è stata poeticamente simboleggiata dal fotografo in una tipica siepe di campagna, dominata dal rovo, spinosa pianta selvatica che in questi paesaggi rurali è chiamata a difendere i campi e le vigne dall’ingresso delle greggi.

Lo sfondo, come sempre in queste immagini nei primi di autunno, è chiuso da una nuvolaglia plumbea, vivificata dal riflesso di un’incredibile arcobaleno.

Le immagini successive, una fuga di rilievi appenninici avvolti in una caligine rosapurpurea in cui essi si stagliano violetti con diversa incisività, dà il senso degli “interminati spazi” e la “profondissima quiete”, “ove per poco il cor non si spaura”.

Seguono altre varie splendide immagini di paesaggi e orizzonti anche immateriali, slegate da sapiente obiettivo di Giancarlo Mancori.

Lo stormir delle piante al passaggio del vento che Leopardi vuol confrontare con l’”infinito silenzio”, è raffigurato da un ambiente forestale di media montagna appenninica in cui latifoglie giovani o vetuste appaiono rivestite dai tralci rampicanti dell’edera e dominanti su un sottobosco di arbusti in fiore auspici di una non lontana primavera.

“Le morte stagioni” simboleggiate da ramaglie scheletriche su uno sfondo nero di lava sono, poi, contrapposte a quella “presente e viva” ispirata in modo confortante dai campi fioriti di papaveri scarlatti.

Il resto della lirica si fonde, attraverso la sensibilità del fotografo, in riposanti orizzonti di spiagge e di mare in cui il naufragare, anche per chi ammira le foto di Mancori, è dolce e riposante.

Fulco Pratesi

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